
Personalmente sono
consapevole della centralità del tema ambientale, sia locale, sia globale,
in un mondo che ha superato i 7 miliardi di abitanti e si avvia a doverne
far convivere quasi 10.
A metà degli anni ’80 fondai (insieme ad un gruppo di
amici ben più qualificati di me) la rivista Ambiente,
di cui sono stato per 7 anni il direttore responsabile; parecchie battaglie,
nel mio piccolo, le ho fatte anch’io, quasi sempre dalla parte apparentemente perdente
(cioè non intransigente e attenta anche alle necessità dello sviluppo
economico); ho sempre avuto un atteggiamento attento a ridurre
l’impatto ambientale mio e della mia famiglia, anche con qualche sacrifico
personale. Insomma,
saranno cose da poco, ma a me bastano per considerarmi un ambientalista convinto. E tuttavia l’eventuale scomparsa dei movimenti ecologisti e dei Verdi (intesi come movimento politico) mi lascia del tutto indifferente. Anzi, mi sembra un segno positivo. E per vari motivi, di cui, per brevità, cito solo uno.
saranno cose da poco, ma a me bastano per considerarmi un ambientalista convinto. E tuttavia l’eventuale scomparsa dei movimenti ecologisti e dei Verdi (intesi come movimento politico) mi lascia del tutto indifferente. Anzi, mi sembra un segno positivo. E per vari motivi, di cui, per brevità, cito solo uno.
Si tratta di un motivo quasi fisiologico, legato al fatto che quando una
qualsiasi aspirazione ideale (nel nostro caso la tutela ambientale nelle sue varie sfaccettature) si trasforma in un “organismo”, la prima cosa che fa è mettere al primo posto una nuova priorità, che è comprensibile e molto naturale, ma sempre ben diversa da quella ideale per cui l'organismo è nato. Questa nuova priorità è “nutrirsi per sopravvivere”. E più l’organismo è grande, maggiore è la necessità di nutrirsi, cioè, per dirla chiaramente, di trovare soldi. Cosa che molto spesso avviene a scapito dell’ideale di partenza.
qualsiasi aspirazione ideale (nel nostro caso la tutela ambientale nelle sue varie sfaccettature) si trasforma in un “organismo”, la prima cosa che fa è mettere al primo posto una nuova priorità, che è comprensibile e molto naturale, ma sempre ben diversa da quella ideale per cui l'organismo è nato. Questa nuova priorità è “nutrirsi per sopravvivere”. E più l’organismo è grande, maggiore è la necessità di nutrirsi, cioè, per dirla chiaramente, di trovare soldi. Cosa che molto spesso avviene a scapito dell’ideale di partenza.
Per fare un esempio, ricordo Patrick Moore che,
uscito da Greenpeace (di cui è stato uno dei fondatori), l’ha più volte
accusata di «aver scelto la via della disinformazione, del sensazionalismo e
della paura, con posizioni che sono spesso “contrarie” per partito preso» .
Il che fa riflettere sulle recenti critiche rivolte alla
stessa Greenpeace (per esempio dal Comitato dei lavoratori Enel di Brindisi),
che sostanzialmente la accusano di imbastire campagne pseudoambientaliste
basate sulla disinformazione, ma tanto più aggressive quanto maggiore è la
necessità di trovare nuovi fondi. Cosa confermata dal fatto – secondo il suddetto
Comitato – che le recenti campagne contro l'uso del carbone nel nostro Paese coincidono, guarda caso, con il declino delle entrate registrato da Greenpeace Italia nel 2011, anno in cui i proventi sono
aumentati solo dell’1,5%, rispetto ad una media del + 26% nei quattro anni
precedenti.
In realtà le esigenze dell’ambiente sono oggi molto diverse
da quelle degli anni ’70 e ‘80, quando i movimenti ambientalisti sono nati. Da
allora sono stati fatti progressi enormi a favore dell’ambiente, della salute e
della qualità della vita, ma nessun ambientalista li ricorda: per loro siamo
sempre e solo su l’orlo del baratro.
Il bello è che, nel frattempo, il baratro potrebbe davvero
materializzarsi. Ma non riguardo la discarica dietro casa, il tunnel nella collina là
davanti, la centrale eolica che deturpa il paesaggio. Riguarda invece il pianeta
intero, e presenta aspetti di tale crescente complessità che gli ambientalisti non
sanno gestire e che quindi si rifiutano di affrontare nei suoi vari aspetti. Tra cui, in primo luogo, quelli che riguardano la competizione economica e l'evoluzione complessiva del mondo globalizzato.
Il risultato è che,
per sopravvivere, troppo spesso i movimenti ambientalisti diventano i paladini di tutti gli estremismi, trasformano
ogni singolo problema in una catastrofe e, facendo leva sulla paura e
su l’egoismo della gente, creano complicazioni aggiuntive e finiscono per
essere essi stessi un ulteriore ostacolo alla soluzione dei problemi. Anche di quelli ambientali. (Valter Cirillo)
Sul fallimento dei verdi segnalo la prima puntata di un breve saggio di Mario Signorino
RispondiEliminaIl "lungo fallimento" verde
Panda, Bugie e Kamikaze
pubblicato su l'Astrolabio - Newsletter degli Amici della Terra
URL: http://www.astrolabio.amicidellaterra.it/node/350