mercoledì 3 marzo 2010

L'intervento di Prodi sul nucleare. Critico, ma anche con la sinistra

Leggo sul Messaggero del 28 febbraio l'intervento di Romano Prodi sul nucleare, dal titolo La sfida di un treno che deve correre forte (lo linko qui, ma temo che entro pochi giorni non sarà più disponibile sul sito del Messaggero). Lo leggo e non posso fare a meno di pensare che Prodi si staglia ancora come un gigante nella platea di politicanti che ci circonda, a destra e a sinistra.
A ben vedere la sua non è una posizione di parte. É l'intervento di uno statista che valuta lo status quo.
Prodi ricorda di aver votato a favore del nucleare nel famoso referendum del 1987. E dal suo testo è evidente che sarebbe ancora pronto a condividere le sue vecchie posizioni pro nucleare. Ma a certe condizioni, perchè - avverte - molto tempo è trascorso da allora; le scelte fatte nel frattempo pesano come zavorra inamovibile sulle scelte per il futuro, e dunque occorre valutare con attenzione i prossimi passi. E il nucleare è indubbiamente un passo difficile per vari motivi.

Prodi ha ragione da vendere quando individua i vari ostacoli che il nucleare deve affrontare, tanto più in un Paese dove «i politici si dividono ferocemente tra favorevoli e contrari, ma si uniscono comunque fraternamente nel non volere nessun impianto nucleare, di nessun tipo, né nella loro Regione né, tantomeno, nel loro collegio. Una schizofrenia così profonda e radicata da obbligare il rinvio di ogni decisione a dopo le elezioni».
Inoltre, tra gli altri rilevanti ostacoli da superare: gli aspetti economici legati all'elevata intensità di capitale del nucleare; la necessità di ricostruire una cultura e una industria nazionale di settore; infine l'esigenza di supportare un settore così sensibile con una nuova organizzazione della Pubblica amministrazione.

É possibile superare questi ostacoli? Si, afferma Prodi, è possibile, ma ad un costo enorme e con margini di incertezza altrettanto grandi. Anche perchè, conclude «non vedo, almeno fino ad ora, uno sforzo di mobilitazione in questo senso. Vedo piuttosto la volontà di scaricare sui vicini l'onere di affrontare un problema così delicato, affidando principalmente a incentivi finanziari da indirizzare direttamente ai cittadini il difficile compito di cambiare gli orientamenti dell'opinione pubblica».
E conclude con una vena di pessimismo: «Mi sembra quindi di dovere concludere che o si comincia davvero questa strategia complessa, difficile e di dubbio risultato economico, o è meglio lasciar perdere. Quando si è perso un treno è molto faticoso corrergli dietro. O meglio, lo si può fare, ma bisogna correre molto forte».

Ebbene, prof. Prodi, dia una mano a correre forte.
È impossibile non condividere la sua analisi. Ma sia sincero: a quanti altri settori industriali è possibile applicarla, pur con qualche particolarità in più o in meno? Tutti o, più realisticamente, quasi tutti? E allora che facciamo: abbandoniamo tutto o ci sforziamo di superare i problemi?
Chi scrive appartiene con consapevolezza a quella schiera di centro-sinistra che ha molto rimpianto i suicidi dissidi interni che hanno portato al fallimento delle sue esperienze di governo. E ritiene che ci sono mille e uno motivi per opporsi con decisione alla maggioranza che ci governa, a cominciare da alcuni fondamentali che riguardano il rispetto delle istituzioni e dei loro differenti ruoli, l'etica politica, il valore delle pari opportunità, il senso dello Stato, la salvaguardia dell'ambiente, l'integrità morale dei nostri rappresentati e molto altro. Mille e uno motivi. Ma non tutti i motivi e, soprattutto, non per principio preso. Ci sono (ci devono essere) dei punti di incontro con la maggioranza su temi che semplicemente interessano il benessere, la sicurezza e lo sviluppo dei cittadini. E l'energia è uno di questi punti, come pure la competitività del nostro sistema produttivo che è penalizzata (anche) dagli elevati costi dell'energia.

Se il discorso è soprattutto economico, secondo lei va bene puntare soprattutto sulle fonti rinnovabili? E se non è economico, ma legato all'esigenza di avere un Paese diverso e migliore, vale la pena di rinunciare o non è piuttosto il caso di sfruttare l'opportunità del nucleare per cominciare a cambiare?

Il suo, prof. Prodi, è un discorso critico ma dialettico, che non dice "no", anzi, dice "si a certe condizioni". Il che vuol dire discutere sulle condizioni. Mi consenta di pensare che voglia anche essere una bacchettata sulle mani di certa sinistra che si ostina a dire "no, perchè no, e basta". Io ho voglia di correre forte.

1 commento:

  1. Prodi è sempre stato solo perché è sempre stato circondato da oppositori e "colleghi" pagliacci.
    Questo inverno c'era la possibilità che l'influenza A si portasse via un bel po' di questi vecchi politicanti da strapazzo, purtroppo non è successo...

    RispondiElimina

I commenti sono liberi e non moderati. Verranno solo eliminati quelli eccessivamente volgari o strumentali per fini estranei al blog e ai suoi argomenti.
L'unica preghiera è di firmare i propri commenti, anche solo con il nome.