martedì 16 febbraio 2010

Il referendum nucleare di fine marzo

L’impressione è che il nucleare stia catalizzando il confronto politico, al punto che a fine marzo non si andrà tanto a votare per le elezioni regionali, ma piuttosto per una sorta di referendum sul nucleare.
Non mi sembra che ci sia da rallegrarsi.
Credo che il Paese abbia una miriade di problemi sui quali occorrerebbe confrontarsi: dallo scempio urbanistico al dissesto idrogeologico, dal sistema sanitario alle politiche per l’occupazione, dal degrado morale alla corruzione dilagante, dalla qualità dell’informazione a quella dell’istruzione, dalla competitività del sistema Paese alla gestione dei rifiuti, dalle infrastrutture da realizzare al debito pubblico da sanare.

È su questi e molti altri temi simili che vorrei ci si confrontasse e su cui vorrei che ci si battesse. Invece si chiede il voto perché “noi siamo contrari al nucleare”.
Mah!
Far diventare una elezione politica una sorta di referendum pro o contro il nucleare è un rischio enorme. Non per il risultato, ma per una questione di educazione civica.
Non sono affatto convinto che oggi un referendum sul nucleare si risolverebbe contro. E non solo perché Berlusconi in TV che giura sulla testa dei propri figli che il nucleare è sicuro e indispensabile credo (purtroppo) che farebbe ancora la differenza. Ma perché constato che la maggioranza delle persone con cui parlo è timorosa dei rischi del nucleare (come di molti altri rischi) ma anche abbastanza intelligente da capire che se tutti gli altri Paesi ce l’hanno qualche motivo ci sarà pure.
Addirittura la scorsa settimana sono stato invitato a tenere una modesta relazione sul tema “energia e ambiente” nell’ambito delle attività giovanili di una parrocchia. Erano presenti solo una ventina di giovani sui 18-20 anni, ma con mio immenso stupore ho constatato che tutti (e credetemi: tutti) erano favorevoli all’uso dell’energia nucleare.
Il problema è che decidere sul nucleare non è come decidere se si è pro o contro la caccia, pro o contro l’ergastolo, la scala mobile, la liberalizzazione delle droghe leggere o simili.
Si tratta di un argomento dannatamente tecnico, che per una valutazione seria richiede competenze elevate di tipo tecnico-scientifico ed economico-politico. L'energia nucleare è effettivamente necessaria, ma bisogna esserne convinti.

Nessuno di voi, su una nave in un mare agitato, si sognerebbe di proporre seriamente agli altri passeggeri un referendum su chi affidarne la guida: al capitano esperto o al rag. Pascucci? Nemmeno se fosse certo che i passeggeri sceglierebbero il capitano. Invece sul nucleare - che è un po' più complesso del pilotare una nave - si crede che la massaia di Voghera (o di Canicattì) sia in grado di poter scegliere.

Magari vi sembrerà che il mio sia un discorso poco democratico. Io invece credo che non sia democratico pensare che ognuno possa fare quel che gli pare nel proprio orticello. Senza tener conto delle conseguenze delle proprie azioni e delle proprie scelte sul bene comune. Senza considerare che il senso profondo della vita democratica è nel sapersi porre al di fuori della propria soggettività e riflettere sulle interazioni sociali che le nostre scelte individuali hanno.

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