giovedì 21 gennaio 2010

Anche due reattori nucleari in soccorso dei terremotati di Haiti


Poco più di 100 anni fa, nel 1908, un altro terremoto seppellì sotto le macerie più o meno lo stesso numero di persone (da 80 a 100.000) del terremoto di Haiti. I primi soccorritori arrivarono a bordo di un incrociatore e due corrazzate russe. Navi che andavano a carbone, poi utilizzato anche per riscaldare la gente, visto che era il 28 dicembre e il sisma aveva colpito nel sonno, sicché gran parte dei superstiti erano seminudi.


Se quelle navi fossero state a propulsione nucleare, chissà se Greenpeace avrebbe protestato per la loro presenza nel porto di Messina. Immagino di no. Ma forse ci vuole giusto un terremoto per fare accettare a Greenpeace un paio di reattori nucleari sotto casa (in Italia, altrove quelli di Greenpeace sono un po’ più possibilisti).
Ad Haiti, ovviamente, nessuno ha protestato per l’arrivo della portaerei Carl Vinson, e tanto meno per i suoi due reattori nucleari. Non perché gli hanno consentito di arrivare di fronte a Port-au-Prince alla velocità di 30 nodi con rifornimenti, un ospedale da campo ed elicotteri, ma perché i suoi reattori nucleari hanno permesso di offrire alla popolazione terremotata il bene in questo momento più prezioso: acqua potabile. I due reattori utilizzati per la propulsione della nave sono infatti in grado di desalinizzare l'acqua di mare per una quantità che può arrivare fino a 1,5 milioni di litri al giorno. Che davvero non è poco: quanto basta per far bere a sazietà 700.000 persone.

La desalinizzazione dell'acqua marina è uno degli usi più promettenti dell'energia nucleare dopo la produzione di energia. La tecnica è ormai consolidata in India, Giappone e Kazakistan, ma altri Paesi, come per esempio la Giordania e la Libia, che soffrono di una cronica scarsità d'acqua dolce, stanno progettando centrali nucleari anche per questo motivo.

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