domenica 27 dicembre 2009

Le risorse di uranio: un esempio di disinformazione

Tra le tante, l’argomentazione più assurda che si sente ripetere contro il ricorso all’energia nucleare è quella relativa alla durata delle risorse di uranio. Che, secondo gli oppositori, si esauriranno nel giro di una trentina di anni.

 Si tratta di una di quelle argomentazioni molto tecniche su cui i non addetti ai lavori devono necessariamente affidarsi ai cosiddetti esperti. E che però, in tal senso, è emblematica del livello di disinformazione che c’è sul nucleare in Italia. Perché si possono dare informazioni sbagliate in buona fede. Ma quando a dare informazioni assurde è, ad esempio, un geologo (cioè esattamente il tipo di professionista che dovrebbe avere conoscenze esatte sull’argomento) allora come si fa a pensare che sia in buona fede? Mi riferisco, tanto per non fare nomi, a Mario Tozzi, geologo di fama televisiva, che dice e scrive con molta convinzione che le riserve di uranio si esauriranno entro i prossimi 30 anni circa.

L'uranio è un elemento chimico molto diffuso in natura: in percentuali minime è presente praticamente in tutte le rocce ed anche nell’acqua di mare. Essendo così diffuso, teoricamente le riserve di uranio sono molto elevate: quelle note sono stimate ad alcune decine di milioni di tonnellate (acqua di mare esclusa, dove è estremamente diluito, ma complessivamente in quantità tali da poter essere considerate illimitate, per gli usi umani ).
Tuttavia solo una parte è recuperabile a costi oggi considerati convenienti (fino a 130 dollari/kg); tale aliquota costituisce le riserve attualmente accertate, pari a circa 5,5 milioni di tonnellate. Un quantitativo che equivale a 125 anni della produzione mondiale 2008, che è stata di 44.250 tonnellate (tutti i dati sono tratti dall’Annual Report 2008 dell’ESA - Euratom Supply Agency).

Ma, in realtà, il calcolo delle riserve di uranio è quasi un gioco di parole. Basta infatti aumentare il parametro economico e le riserve aumentano. Cosa peraltro possibilissima, poiché (contrariamente alle centrali termoelettriche, dove il prezzo del combustibile costituisce di gran lunga la voce principale del costo dell’energia prodotta, fino al 75% nel caso del gas), per la produzione elettronucleare il combustibile incide per meno del 10% sul costo finale dell’elettricità prodotta. Se quindi il prezzo dell’uranio raddoppiasse, il costo del kWh nucleare aumenterebbe di circa il 10% (se invece raddoppiasse il prezzo dei combustibili fossili, i costi finali aumenterebbero del 45% nel caso del carbone e del 75% nel caso del gas).

Allora, ci sono riserve di uranio recuperabili a più di 130 dollari/kg? Ovviamente si, e ingenti. Quelle potenziali ad un prezzo di 200 dollari/kg, ad esempio, sono stimate in circa 35 milioni di tonnellate.
Per dirla tutta, non sappiamo quanto uranio economicamente recuperabile (ai prezzi attuali) ci sia su terra (cioè escluso quello in mare). Secondo l’ESA, tuttavia, possiamo già contare su risorse in grado di coprire per circa 100 anni i consumi di un numero di centrali doppio a quelle oggi in servizio.

Con tutto ciò è però vero che, nell’attuale situazione, occorre fare attenzione a possibili carenze di produzione.
Negli ultimi anni, infatti, per oltre il 40% del combustibile fabbricato non si è utilizzato uranio naturale, bensì risorse secondarie, cioè materiali provenienti dal riprocessamento del combustibile scaricato dalle centrali (cosiddetto “esaurito”, ma comunque ricco dell’isotopo U-235 che si usa per il combustibile) e, soprattutto, materiale proveniente dalle migliaia di testate nucleari in smantellamento (per gli accordi di non-proliferazione successivi alla fine della “guerra fredda”) che hanno reso disponibili notevoli quantità di materiale fissile a prezzi molto bassi. Un materiale (quello derivato dalle bombe) che ovviamente finirà e che dovrà essere sostituito da una accresciuta produzione di minerale naturale.

Per questa ragione, e per il fatto che la potenza elettronucleare nel mondo è stimata crescere, nei prossimi 20 anni, di una percentuale compresa tra il 38% e l’80% rispetto all’attuale, occorre che la produzione di uranio naturale quanto meno raddoppi nello stesso periodo.

Tuttavia, come accennato, la capacità produttiva dipende dalle opportunità di mercato e dai relativi investimenti. E poiché la domanda di minerale è stata nel decennio passato piatta, non ci sono stati adeguati investimenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove risorse. In tal senso è possibile che ad una forte crescita della domanda possa temporaneamente non corrispondere una adeguata offerta di uranio. Ma questo non è un problema di riserve, bensì solo di mercato, cui il mercato ha sempre dimostrato di saper far fronte. Nel 2006-2007, ad esempio, il prezzo dell’uranio ha conosciuto un improvviso e forte aumento, poi gradualmente rientrato, ma è stato sufficiente perché l’industria reagisse con importanti investimenti che hanno portato alla scoperta di nuove risorse.

Per finire, ci sono anche altre valutazioni, di tipo strettamente tecnologico, che devono essere fatte. Ad esempio:

1.
  Potrebbero entrare in gioco anche risorse di uranio non convenzionali. Come il minerale contenuto nell’acqua di mare. In Giappone si sta già sperimentando un impianto pilota di produzione dal mare e anche l’India ha recentemente annunciato la costruzione di un impianto sperimentale. In Cina si sta invece lavorando per estrarre l’uranio contenuto nelle ceneri delle centrali a carbone.

2.  I nuovi reattori di III generazione che si stanno iniziando a costruire utilizzano il combustibile con una efficienza maggiore del 15-20% rispetto ai reattori già in servizio. Per non parlare dei reattori di IV generazione, che si prevede entrino in servizio dopo il 2030, i quali potrebbero avere una efficienza di utilizzo del combustibile fino a 80 volte maggiore degli attuali reattori. Il che modificherebbe sostanzialmente le valutazioni sulla disponibilità delle risorse di uranio.

3.  Sono in corso di sviluppo nuove filiere di reattori (veloci autofertilizzanti), nei quali l’efficienza di utilizzo del combustibile sale fino ad un teorico 100% (in teoria, anzi, i reattori autofertilizzanti potrebbero “produrre” più combustibile di quanto ne consumano), senza considerare che tali reattori sfruttano un isotopo dell’uranio (l’U-238), che è 99 volte più abbondante dell’isotopo (U-235) oggi utilizzato.

4.  Infine, per la produzione elettronucleare non c’è solo l’uranio. Ad esempio in India sono già oggi operativi alcuni reattori prototipi che utilizzano torio, un elemento molto più abbondante dell’uranio. L’utilizzo diffuso del torio fornirebbe combustibile per molti secoli, con l’ulteriore vantaggio che il ciclo del torio non consente la realizzazione di materiali utili a fini bellici.

3 commenti:

  1. Link per leggere in modo completo la versione di Tozzi? Sparate da lui mi suonano strane.

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  2. Non ho riportato link all'affermazione di Mario Tozzi perchè ho citato a memoria. Che le riserve di uranio si esauriranno in circa 30 anni l'ho letto in uno dei suoi libri, ma lo ha anche più volte ripetuto in TV, recentemente - se non erro - a "Tg3 Linea Notte".
    Comunque l'affermazione non è inventata: basta una breve ricerca su Internet per convincersene.
    La sua affermazione preferita, al riguardo, è: "L’uranio è un combustibile fossile (come gli idrocarburi e il carbone) e si esaurirà in un tempo non lunghissimo (meno di mezzo secolo), suscettibile di essere considerevolmente ridotto, come è intuibile, se ne aumenterà l’utilizzo".
    Do solo due link a titolo di esempio:
    1) http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=25411
    2) http://www.rinnovabili.it/il-74-dei-nostri-lettori-sarebbe-daccordo-ad-un-referendum-anti-nucleare-401444

    Per completezza devo anche dire che, nel cercare questi due link di esempio, mi sono imbattuto in un video (http://www.blogvox.it/tv/video/000003/index2.htm
    ) nel quale Tozzi per la prima volta (a mia conoscenza) afferma: "le riserve di uranio sono in apparenza molto lunghe, prima di essere consumate". Il che mi fa pensare che si stia informando.
    Ma la cosa non è meno grave. La mia domanda su Tozzi era retoricamente centrata su una generica buona fede non perchè io realmente creda che lui sia in malafede, ma perchè credo che sia non infromato sulla tecnologia nucleare. E francamente mi sembrava peggio dargli dell'ignorante.
    Ma ritengo un dato di fatto che Tozzi dica delle sciocchezze sul nucleare, e per un personaggio noto e seguito come lui, nel momento in cui dovrebbe aprirsi un sereno dibattito sulle fonti di energia da promuovere in Italia, mi sembra gravissimo.
    Nello stesso video appena citato, ad esempio, Tozzi afferma che "le centrali nucleari hanno una vita piuttosto breve, tutto sommato poco più di 30 anni". Già 30 anni non mi sembrano pochi se confrontati con la durata di vita delle centrali eoliche o fotovoltaiche. Ma può essere che Tozzi non sappia che le centrali nucleari durano regolarmente 40 anni, che la prima centrale elettronucleare realizzata (Calder Hall, UK) sia stata chiusa nel 2003 dopo 47 anni di esercizio e che oggi per un gran numero di centrali si sta prolungando la vita a 60 anni? E cosa intende dire quando afferma (vedi sempre lo stesso video) che una centrale nucleare "costa parecchio: 4 miliardi di euro, oggi". Può essere che non sappia che per produrre - ad esempio con il fotovoltaico - la stessa quantità di energia di una delle nuove centrali nucleari occorre installare pannelli per circa 6.400 MW, la cui installazione costa oltre 40 (quaranta) miliardi di euro?

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  3. http://www.youtube.com/watch?v=bB2oJUAkC0Q

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