giovedì 24 dicembre 2009

Nucleare, domanda elettrica di base e possibili alternative


L'approvvigionamento, la trasformazione e la distribuzione di energia è una attività di estrema complessità. Anzi, è sicuramente l'attività più complessa che ci sia in una moderna società industrializzata.
È difficile riuscire a rendere la complessità di tale sisitema per i non esperti, e certo è impossibile farlo in poche righe.

Tuttavia, se si rompe la caldaia del gas della nostra abitazione, a nessuno viene in mente di indire un referendum tra i condomini o tra i propri amici per decidere se ripararla e in che modo, oppure se sostituirla. Ci si rivolge invece ad un tecnico, e difficilmente si mettono poi in discussione le sue valutazioni. Al massimo si fa uno sforzo di informazione per verificare se non ci siano proposte alternative di minor costo.
Se invece si parla di tecnologie nucleari, di diversificazione delle fonti di energia, di sviluppo delle rinnovabili, di mercati energetici eccetera, cioè di cose molto complesse che nel loro insieme compongono il sistema di complessità massima, che è appunto quello energetico, allora tutti ci sentiamo in grado di dire la nostra, di proporre e di decidere.

Non dico che sia sbagliato. È il gioco della democrazia, basato sulle scelte della maggioranza, ed è ancora il migliore che conosca. Ma per decidere, per scegliere, occorre conoscere. Occorre informarsi su cause ed effetti, su costi e benefici, su rischi e su opportunità.
Siamo sicuri che questo impegnativo processo di consapevolezza sia in corso nel dibattito sul nucleare in Italia?

Qui voglio proporre una riflessione piuttosto tecnica, ma di grande rilevanza, che mi sforzerò di semplificare al massimo.
Per far funzionare i sistemi elettrici vi sono in servizio un gran numero di grandi centrali di base. Di "base" vuol dire che si tratta di centrali che restano in servizio 24 ore su 24, per garantire appunto la fornitura elettrica basilare, cioè quella minima che viene sempre richiesta sulla rete elettrica per far funzionare anche alle 3 di notte illuminazione e ferrovie, aeroporti ed ospedali, sistemi di refrigerazione e acquedotti, servizi vari e quant'altro. Queste centrali sono tipicamente di grande taglia a carbone, nucleari e, dove è possibile, idrolettriche (solo in Italia, purtroppo, anche a gas) e non possono essere alimentate da alcune fonti rinnovabili, come il vento o il sole, perchè è opportuno che producano energia al minor costo possibile ed è indispensabile che restino in servizio giorno e notte, con o senza vento.
Si distinguono pertanto dalle centrali "di punta" che entrano progresivamente in servizio man mano che la domanda aumenta, fino a coprire i picchi massimi di consumo, che in genere si registrano nelle ore centrali della giornata, e maggiormente d'estate, quando sono al massimo anche i condizionatori. Queste centrali di punta possono essere tutte quelle disponibili nel momento in cui è necessario immettere energia in rete, quindi anche quelle rinnovabili (benchè, tecnicamente parlando si dovrebbe dire: tutte quelle più convenienti disponibili nel momento di necessità).
In Europa (tutta l'Europa, non solo la UE, Russia compresa) vi sono circa 500.000 MW di centrali di base termoelettriche e nucleari che nei prossimi 20-25 anni dovranno essere messe fuori servizio per raggiunti limiti di età. E che quindi dovranno essere sostituite da nuove centrali per una potenza equivalente (senza qui considerare l’ulteriore potenza necessaria a soddisfare la nuova domanda, che, pur in presenza di politiche di risparmio e di efficienza energetica, è prevista in notevole crescita).
500.000 MW in concreto vuol dire 400-500 centrali nucleari o 800 - 900 centrali a carbone.

Chi è convinto che si possa rinunciare al nucleare in Italia dovrebbe anche dire quale alternativa ci sia alla sostituzione di queste centrali. Anche in considerazione dei vincoli di competitività, di sicurezza degli approvvigionamenti, di inquinamento locale e di emissioni di gas serra che sono già forti oggi e che saranno di anno in anno crescenti.

Ovviamente non è né logico né razionale ipotizzare che tutta questa potenza venga sostituita da nuove centrali nucleari. Ma, poichè in questo caso non si può ricorrere alle fonti rinnovabili, è davvero difficile immaginare un futuro senza un rilevante ruolo anche per il nucleare, che è l’unica fonte che offre grandi potenze unitarie a prezzi competitivi, senza accrescere la dipendenza da altri Paesi , senza emettere alcun tipo di inquinante (ossidi di zolfo e di azoto, polveri, diossine e altri inquinanti chimici) e senza impatto sul clima globale.
Certo, è possibile continuare ad andare a gas come stiamo facendo, sforzandoci di incrementare l'esportazione di pizze napoletane e di attirare più turisti per poter compensare il maggior costo del gas rispetto al nucleare (o al carbone, se preferite). Indubbiamente la maggior esportazione di pizze napoletane (o di passate di pomodoro, di spaghetti surgelati, di mandolini e fisarmoniche artigianali e simili) può consentire di recuperare un po' la minore competitività rispetto agli altri Paesi che utilizzano il nucleare. Certo, è possibile. Ma è saggio?

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