lunedì 24 maggio 2010

Nucleare e competitività globale

Ieri l’altro ho assistito ad un dibattito sul nucleare presso il liceo Democrito di Roma. Un dibattito molto “minore” con due relatori (uno pro e uno contro), cui sono andato soprattutto per amicizia con il relatore “pro”, un giornalista scientifico mio amico. Soprattutto, ma non solo, perché trovo che in qualunque dibattito, anche quello apparentemente più insignificante, ci sia sempre qualcosa di interessante da recepire e su cui riflettere. E intendo non genericamente interessante, ma davvero interessante per capire cose che ignoriamo o non comprendiamo.

Infatti in quell’incontro, dato che le tesi del mio amico  le conoscevo (serve tanto il nucleare quanto le fonti rinnovabili), ciò che più mi ha interessato è stato il relatore “contro” (un ingegnere della Regione Lazio). Che ad un certo punto ho cominciato ad ascoltare affascinato, quando mi sono accorto che davvero stava teorizzando il fatto che il mondo non dovrebbe essere come invece è.

Ha citato le solite argomentazioni contro il nucleare (i costi, la sicurezza, il rischio sconosciuto eccetera, con scarsa efficacia perché era evidente che non fosse molto informato). Ma sotto sotto la sua argomentazione forte era questa: dobbiamo dire no al nucleare perché è una tecnologia che tende a perpetuare i difetti della società attuale, mentre le fonti rinnovabili vanno verso un mondo nuovo.

Beh! Mi sembra una argomentazione su cui davvero merita riflettere. Riflettere non in modo astratto (per quanto, su un tema simile, la stessa antica questione hegeliana  - se il reale sia o no sempre razionale - potrebbe essere un esempio di applicazione concreta di principi filosofici), ma praticamente su quali possibilità e quali mezzi abbiamo per creare un mondo nuovo .

È un argomento immenso, per cui (restando al tema dell’energia) mi limito a citare solo uno spunto offerto dal relatore di cui sopra. Secondo il quale il discorso sul nucleare, qui e ora in Italia, non deve essere affrontato in un’ottica globale. I cinesi, i russi, i finlandesi, i giapponesi si rimettono a fare decine di centrali nucleari? Affari loro. Noi italiani dobbiamo affrontare il nucleare in un’ottica italiana. È qui che dobbiamo cambiare il nostro mondo, sfruttando l’opportunità (che secondo lui abbiamo) di puntare su una società meno energivora, più attenta agli usi propri dell’energia, che responsabilizzi ogni cittadino sull’impatto delle azioni quotidiane e via dicendo.
Ora, è difficile non essere d’accordo su queste cose. In linea di principio.
Ma è davvero possibile ignorare il discorso globale? Possiamo scegliere una nostra strada che non tenga conto delle scelte degli altri?

Ammettiamo che ci si impegni seriamente per fare dell’Italia l’antesignana di un mondo nuovo. Il che vuol dire (cito gli esempi fatti dall’ingegnere di cui sopra) realizzare una società:
-- più naturale (es: produrre se non solo, quantomeno molto di più con tecniche “naturali” ciò che consumiamo, consumare solo ciò che viene prodotto localmente ecc.)
-- basata su usi propri dell’energia (es: per riscaldare acqua non si usa più il gas e tanto meno l’elettricità, ma solo il sole e il calore geotermico; ridurre il riscaldamento e sostituirlo in parte con opportuni interventi di edilizia e in parte con una maglia di lana in più; eliminare quegli usi delle autovetture che siano ragionevolmente sostituibili con percorsi a piedi oppure con mezzi pubblici o biciclette ecc.)
--  che ripudi il consumismo (esempi infiniti, del tipo: riparare molte volte le scarpe prima di sostituirle; allungare la vita del guardaroba; fare acquisti solo sulla base del necessario e non della moda o della pubblicità; in generale incentivare non solo il riciclo, ma soprattutto il riutilizzo ecc)
-- e ovviamente spingere al massimo le energie rinnovabili.
E tralasciamo quisquilie legate a cosa succederebbe dal punto di vista dell’occupazione, al fatto che occorrerebbe riportare molta gente (probabilmente milioni) a coltivare terre abbandonate, alla questione (eccessivamente radical chic, presumo) della democrazia, cioè del fatto che tutto ciò non dovrebbe essere imposto ma scelto, e simili.
Anche solo a scrivere queste cose a me sembra evidente l’assurdità del tutto. Ma ammettiamo che ci si impegni davvero in questa trasformazione sociale, e basta.

Ebbene, c’è comunque un punto debole che risponde esattamente alla domanda se, anche per l’energia e per il nucleare, è possibile ignorare il discorso globale.
Un punto debole legato alla questione dei costi. Che i più continuano a intendere solo nell’accezione di quanto costa una cosa, se costa di più questa o quella tecnologia, questo o quel modo di vivere. E non ci si accorge che, ormai, è proprio sbagliato fare confronti sui costi, i quali – da un punto di vista di sistema Paese – sono solo un aspetto secondario della competitività. È quest'ultima, ormai, la parola chiave.

Provo a spiegarmi. L’energia è un fattore talmente essenziale, talmente indispensabile che i costi sono di per sé quasi irrilevanti. Quello che invece è per niente irrilevante è il contesto di competitività. Tanto è vero che l’energia in Italia ha oggi costi eccessivi, e giustamente ce ne lamentiamo. Eppure sono costi molto inferiori a quelli di 50 anni fa (in rapporto sia al PIL sia al costo della vita), benché il Paese fosse allora più competitivo di oggi.
Ad esempio: se domani il gas raddoppiasse di costo, potremmo certamente limitarne un po’ l’uso, ma non potremmo certo farne a meno né in pochi mesi, né in pochi anni. Quindi, pur mugugnando, non potremmo far altro che pagarlo il doppio. Come pure lo pagherebbero il doppio tanto i francesi quanto i tedeschi. Solo che loro ne utilizzano molto meno di noi, per cui il vero problema non è quanto noi e loro lo paghiamo, ma il fatto che – a parità di costi, qualunque essi siano – la nostra competitività subirebbe un tracollo, rispetto alla loro.

Nell’esempio, quindi, la soluzione non è la riduzione dei costi, su cui non potremmo fare niente (a parte sperare). La soluzione può essere solo realizzare un sistema che salvaguardi la competitività rispetto ad ogni possibile evoluzione del sistema globale.
Realizzare un Paese antesignano di un nuovo mondo più naturale e meno energivoro, ci aiuterebbe ad essere più competitivi? No, anzi. A meno di non voler davvero pensare di uscire dal mondo (o di accettare che il mondo ci emargini). Con quel che ne deriva in termini di occupazione, di benessere, di sicurezza, di stabilità sociale e molto altro.
Ecco perché anche del nucleare non possiamo fare a meno, se gli altri non ne fanno a meno. Le rinnovabili sono indispensabili, ma per esigenze ambientali. Non per la competitività. Che anzi, in questo momento e per come le stiamo realizzando, danneggiano, e di molto.

2 commenti:

  1. E' sempre bello sentire la gente che batte sul risparmio energetico, sull'etica del vivere, sul bisogno di avere un mondo migliore, ahhh che goduria. Poi però cavolo si guardano sempre dal tirare fuori le loro fatture e le loro bollette che dimostrino quanto loro in prima persona stanno facendo... Insomma alla fine tutto si riduce ad una nuova interpretazione del "detto": armiamoci e partite!!!

    Di tutta questa gente che predica bene, io voglio vedere le fatture che dimostrino quanto loro hanno fatto per vivere in edifici in classe A o passivi, voglio vedere le bollette degli ultimi 3 anni per vedere quanto meno energia consumano, voglio vedere poi nello specifico le loro bollette della corrente per verificare quanto stanno applicando le loro farfugliate tanto semplici da ripetere a macchinetta!
    Il business attorno alle rinnovabili e al risparmio energetico è solo una nuova forma di iprocrisia, IMHO.

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  2. "Qual'e' l'energia che costa tanto? Quella che non c'e'! Quella e' l'energia che costa tanto..."

    http://www.youtube.com/watch?v=wnL24plh5ac

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