venerdì 26 febbraio 2010

Il nucleare, la paura e la conoscenza

Leggo sul Sole 24 Ore di qualche giorno fa (23 febbraio) una intervista a Luiss Echavarri (presidente dell’Agenzia nucleare dell’OCSE) dal titolo: La paura si supera con la conoscenza.
In sostanza Echavarri sostiene che negli anni ’70, quando c’è stato il vero e proprio bomm del nucleare, ad avere paura delle centrali erano le popolazioni che abitavano nei pressi del sito candidato alla costruzione.
Oggi, invece, quelli che ci vivono più d’appresso sono anche quelli che meno temono le centrali. Anzi, i Comuni limitrofi sono i primi che si fanno avanti a proporsi come siti ogni qual volta si sente parlare di una nuova centrale o di un impianto di trattamento e/o smaltimento delle scorie.
Perché? Ma perché hanno imparato davvero a conoscere il nucleare: ci lavorano (ogni centrale tra dipendenti diretti e indotto dà lavoro a un migliaio di persone), con il passaparola vengono a conoscenza di ogni più piccolo inconveniente e di cosa si fa per prevenirlo o “curarlo”. Da qui il titolo dell’articolo, che riprende la conclusione di Echavarri: «la paura si supera con la conoscenza».

Questa ovvia constatazione, che in Occidente dovrebbe essere scontata quanto meno dai tempi di Ulisse, in Italia sembra essere una novità.
E non vale solo per il nucleare: si ha paura anche di un tratto ferroviario, di una centralina a biomassa, di un rigassificatore, di una discarica, degli OGM, di un qualsiasi impianto industriale, praticamente di tutto.

Il che mi fa pensare al ritardo di conoscenza tecnico-scientifica che c’è nel nostro industrializzato e tecnologicamente avanzato Paese.

Globalmente inteso, quello energetico è il settore di maggiore complessità che esista. Ciascuna parte del puzzle che lo costituisce - petrolio, gas, trasporti, produzione e distribuzione elettrica, usi finali eccetera – è di per sé di una complessità enorme. E considerando le complesse interrelazioni di un gran numero di sistemi singolarmente molto complessi, nell'insieme di raggiunge un livello di complessità virtualmente incomprensibile non dico per l’uomo della strada, per quanto colto e informato possa essere, ma anche per la gran parte dei cosiddetti esperti. Non a caso su qualsiasi argomento – quasi senza eccezione – troverete sempre degli autorevoli scienziati che sostengono tesi in contrapposizione ad altri autorevoli scienziati che sostengono il contrario.

In questa situazione è quasi ovvio che in Italia il nucleare faccia paura. Semplicemente non lo si conosce. E di fronte al dubbio, al timore dell’ignoto (come è sempre ciò che non si conosce), la scappatoia migliore resta il ricorso a quella regola aurea delle civiltà contadine che recita: chi lascia la via vecchia per la nuova….
Solo che pochi sembrano accorgersi che la vecchia via ci sta conducendo all’emarginazione economica e politica, in ambito internazionale.

Ah! Naturalmente quanto sopra vale per chi si avvicina alla conoscenza con uno spirito critico, come dovrebbe essere in un Paese che, oltre che industrializzato e tecnologicamente avanzato, è anche (o vorrebbe essere) democratico.
Da noi invece c’è anche una quantità di soggetti che preferisce combattere la paura con l’ideologia, con la religione (ambientalista, in questo caso). Che è uno degli altri grandi drammi di questo Paese, perché la tutela dell’ambiente è davvero una esigenza seria, che in un Paese industrializzato andrebbe affrontata con spirito critico e conoscenza tecnico-scientifica. Invece l’ideologia porta a mormorare lamenti sullo scempio urbanistico, sul degrado idrogeologico, sula drammatica perdita di biodiversità e su una molteplicità di altre serissime cose, per poi dedicare tutte le energie a combattere il nucleare o ad auspicare il ritorno a forme di vita “naturali” che sono poco più di un mito, perché in realtà non sono nemmeno mai esistite.

In tal caso non c’è nemmeno molto da sperare. Perché l’ideologia non ha spirito critico e quindi non cerca conoscenza. Al massimo cerca di utilizzare pseudo strumenti di conoscenza con il solo scopo di darsi una parvenza di scientificità, come è facile constatare proprio in Italia a proposito del nucleare, sul quale si sparano sciocchezze facendo passare per dati scientifici banalità “sentite dire”.

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