domenica 21 febbraio 2010

La sinistra e la logica televisiva del "no al nucleare"

Le elezioni si avvicinano. E le preoccupazioni aumentano, soprattutto per chi è seriamente in apprensione per lo stato del Paese: per quello che è diventato e per quello che sta diventando, visto che a mio avviso ci si sta sempre più allontanando da una visione e da un realtà di progresso. Inteso, quest’ultimo, non solo come incremento del Pil.
Tralascio, per brevità, un argomento che pure dovrebbe appassionare, e cioè come si sia potuti giungere alla pseudo democrazia televisiva che ci governa.
Dove il termine “progresso” non può essere contemplato per definizione, poiché la prassi del governo televisivo è semplicemente di monitorare i desideri del pubblico e quindi di fornirgli (televisivamente parlando, cioè in modo virtuale, non concreto) quello che desidera. Cosa che, appunto, esclude ogni possibilità di progresso, che non è nemmeno concepibile senza volontà di impegno personale, senza accrescimento culturale e senza disponibilità al cambiamento ed anche ad un minimo di rischio.
Tutte cose che sono l’esatto contrario di quanto i sudditi televisivi chiedono, per cui l’unica azione del governo televisivo non può che essere di retroguardia, nel tentativo di fare qualcosa per recuperare le posizioni che man mano si perdono.

Vorrei invece parlare del futuro. E non posso che farlo guardando all’area politica nella quale bene o male mi ritrovo. Cioè la sinistra.

Leggo sul giornale di oggi una dichiarazione di Veltroni, secondo cui «il PD è lontano dal Paese». Dichiarazione ad effetto non seguita da alcuna puntualizzazione, per cui non so di preciso cosa intendesse dire. Sono però personalmente convinto che la sinistra (che qui esemplifico con il PD) sia lontano da quelli che dovrebbero essere gli interessi del Paese. E siccome l’altra parte politica è molto, ma molto più lontana da questi interessi (in un’ottica di progresso) capirete l’apprensione che mi attanaglia

Capisco che ci siano difficoltà (in prossimità delle elezioni e dopo che si è consentito alla pseudo democrazia televisiva di giungere al potere) ad affrontare direttamente argomenti come crescita del senso civico, pari opportunità, sviluppo sostenibile, ruolo delle istituzioni, rispetto delle regole e simili. Tutta roba astratta, poco televisiva, noiosa. Quindi ci si occupa di problemi all’altezza dei sudditi televisivi, e lo si fa a fini elettorali, cioè in un modo finalizzato non a far progredire quei sudditi, bensì a tranquillizzarli, a non creargli conflitti, a conquistarne le simpatie, in una parola a solleticarne il consenso. Solo che, in tal modo, si ricade in pieno nella logica della pseudo democrazia televisiva. Si procede per slogan, si offrono sogni impossibili come facilmente raggiungibili, si promette di rendere disponibili in pochi anni un mondo ideale che magari può essere raggiunto, ma in decenni e con difficoltà.

Mi occupo di energia e mi è impossibile non citare il caso del nucleare, che nella logica di cui sopra è diventato uno dei principali cavalli di battaglia della sinistra. Campeggiano per le strade i manifesti del PD con su scritto «Economia verde per lo sviluppo. Sì alle energie rinnovabili. No al nucleare. In poche parole, un’altra Italia». E si promettono «un milione di posti di lavoro in 5 anni» grazie all’economica verde, che ovviamente, si precisa, andrebbero anche a coprire le centinaia di migliaia di posti di lavoro persi in altri settori.

Io credo che il progresso di un Paese dipenda anche dalla capacità di assumersi consapevoli responsabilità.
Forse sarebbe il caso di domandarsi: perché si perdono centinaia di migliaia di posti di lavoro negli altri settori? Per la crisi internazionale, certo, ma anche perché l’Italia è il Paese industrializzato che paga più cara l’energia che consuma, perché non fa più ricerca tecnologica a livelli adeguati, perché il livello di cultura individuale non è adeguato a quello di un Paese industrialmente avanzato, perché non si è più disposti a rischiare nulla e perché si crede che si possa proteggere il benessere acquisito impedendo ogni ulteriore evoluzione (il famoso fenomeno Nimby).

Si alle energie rinnovabili e no al nucleare è solo uno slogan ad effetto. Esattamente come sarebbe un assurdo lo slogan opposto: infatti nessuno sostiene si al nucleare e no alle rinnovabili, che sono necessarie per molte buone ragioni. Ma quelle rinnovabili sono le fonti di energia più costose in assoluto. In quale modo dovrebbero permetterci di essere competitivi con gli altri Paesi, che l’energia la producono principalmente con il carbone, con il nucleare e poi un pochino anche con le rinnovabili? E quanti altri posti di lavoro dovranno poi creare, le rinnovabili, per coprire gli ulteriori posti di lavoro che continueremo a perdere in tutti gli altri settori produttivi, continuando a perdere competitività sul costo dell'energia? Con precisione, qualcuno può dirci quanti di questi nuovi posti di lavoro verdi ci consentiranno di mantenere vive e anzi di accrescere le nostre esportazioni?

Infine, sono poco di sinistra se pongo anche il problema di quali posti di lavoro si promettono? Faccio un solo esempio: per raggiungere gli obiettivi europei sulle rinnovabili l’Italia dovrà impegnarsi molto anche nel settore delle biomasse, per sostituire una quota crescente di benzina e diesel con biocarburanti.
A dir poco 500 mila di quei 5 milioni di posti di lavoro promessi sono in lavori agricoli, nelle campagne e nelle zone marginali di collina, per far funzionare la filiera delle biomasse. Secondo voi: saranno i televisivi ragazzi italiani a correre in massa per andare a lavorare in campagna o saranno centinaia di migliaia di nuovi immigrati gli unici disposti a farlo?

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