mercoledì 2 dicembre 2009

Il vincolo delle reti per lo sviluppo delle rinnovabili

A proposito dell'opportunità di informarsi e di ragionare prima di fare le cose. Siamo tutti d'accordo sulla necessità di sviluppare le fonti rinnovabili, e lo saremmo anche di più se nel frattempo si investisse anche in ricerca sulle rinnovabili, in modo da sfruttare la famosa genialità italiana per aumentarne l'efficienza (delle rinnovabili), individuare soluzioni innovative e ridurre la necessità di importare anche queste tecnologie dall'estero. E comunque abbiamo assunto impegni internazionali molto vincolanti che ci impongono di coprire con le rinnovabili il 17% dei consumi energetici entro il 2020. Siccome oggi siamo appena al 6%, è evidente che occorre darsi da fare.

Però c'è modo e modo. E, a parità di risultato finale, personalmente preferirei dare la priorità al modo più conveniente anche dal punto di vista economico.
Invece ci troviamo nella situazione che, da un lato pone vincoli burocratici, amministrativi e di altro tipo mettendo intralci alle cose più semplici ed efficienti (penso all'idroelettrico e al mini-idroelettrico, alla geotermia, alla biomassa, alla carente volontà di sviluppare il solare termico su larga scala e altro ancora), e d'altro canto si chiede di fare i miracoli dove è più difficile e più costoso.
Ad esempio, ieri , nel corso di un incontro alla fiera Greenenergy Expo di Milano, si è tornato ad insistere sul fatto che chi investe nelle rinnovabili deve avere la certezza che il suo impianto verrà connesso in rete.
Intendiamoci, di per sè il principio è logico e sacrosanto. Quello che non va è che si continuino a realizzare impianti rinnovabili senza un minimo di programmazione, in particolare proprio riguardo alla possibilità della connessione in rete.

E' ben noto che le attuali reti di distribuzione elettrica non sono state fatte per assorbire energia prodotta da un gran numero di piccoli impianti distribuiti sul territorio. Spesso non è che non si voglia, proprio non si può  - per vincoli tecnici, che, in quanto tali, sono tutt'altro che banali - immettere l'energia prodotta in rete. Allora che senso ha prendersela con l'Enel o con le altre società di distribuzione perchè non prelevano l'enegia, se tecnicamente non possono? E non solo perchè l'energia prodotta dai piccoli impianti rinnovabili è di scarsissima qualità dal punto di vista delle reti elettriche (intermittente e non programmabile), ma anche per vincoli sulla quantità dei carichi, che danneggerebbero le reti in modo inaccettabile per la qualità del servizio che pure pretendiamo.
Le cosiddette Smart Grids (reti elettriche intelligenti), che consentiranno indifferentemente di prelevare o immettere in rete l'energia, per ora sono niente più che delle buone intenzioni. Le reti che abbiamo sono ancora fatte per portare l'elettricità dalle centrali all'utente finale, e non viceversa, se non in modeste quantità.


Occorrono molti investimenti e anche molto tempo per adeguare le reti alle mutate esigenze. Cosa che va fatta. Ma intanto invece di chiedere i miracoli cerchiamo di fare il fattibile, che comunque non è poco.

E visto che ci siamo, ricordiamoci anche che (oltre a ridurre i consumi tramite una maggiore efficienza di sistema e il risparmio a livello individuale) il modo migliore per disporre delle quantità di energia di cui abbiamo bisogno, senza emettere CO2, resta pur sempre l'energia nucleare.

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono liberi e non moderati. Verranno solo eliminati quelli eccessivamente volgari o strumentali per fini estranei al blog e ai suoi argomenti.
L'unica preghiera è di firmare i propri commenti, anche solo con il nome.