lunedì 23 novembre 2009

Ragioni etiche a favore del nucleare e del carbone?

Ci sono molte buone ragioni che consigliano di limitare al massimo i consumi di idrocarburi (petrolio e gas) in occidente.
Perché le riserve fossili, sono limitate. Soprattutto quelle di petrolio, che è la fonte più versatile, e quindi più utile nei Paesi con infrastrutture ancora scarse o con un livello di sviluppo ancora arretrato.
Perché i Paesi occidentali sono ancora di gran lunga i maggiori consumatori di idrocarburi, e quindi ogni azione per ridurne la domanda (o per limitarne l’ulteriore crescita) ha positive ripercussioni sui prezzi a livello globale.
E per molte altre ragioni. Tra le quali ci metto anche ragioni etiche, che sono straordinariamente ignorate e che invece dovrebbero essere di grande rilievo, se realmente crediamo che tutti gli essere umani hanno i medesimi diritti.

Infatti, per quanto ovvio, è utile ricordare che ogni goccia di petrolio, ogni metro cubo di gas che viene bruciato in Occidente, non può più essere utilizzato altrove. Ma mentre in Occidente abbiamo delle alternative (carbone, nucleare, fonti rinnovabili, risparmio, nuove tecnologie) “altrove” spesso le alternative non ci sono. Con conseguenze locali di maggiore povertà, miseria e fame. E anche con conseguenze che ci interessano da vicino, perché il fatto che oltre un miliardo e mezzo di persone siano escluse dal mercato dell’energia e debbano procurarsi un po’ di legna in qualunque modo gli sia possibile, o addirittura ricorrere al letame secco, per poter anche solo cucinare il proprio cibo, è cosa che dà forza alla catena della disperazione, aumentando la crescita demografica, il degrado ambientale e le tensioni sociali.

Dovremmo pensarci, quando ci dichiariamo contrari all'energia nucleare o ad un maggiore ricorso al carbone.
Invece un dibattito sull’etica degli usi dell’energia non mi risulta sia mai stato fatto qui in Italia, con l’eccezione dell’associazione ambientalista Amici della Terra, che su queste basi sono arrivati ad auspicare un maggior ricorso del carbone in Occidente, come uno dei modi per ridurre le emissioni globali di CO2.
Il ragionamento è questo: più puntiamo sul gas in Italia, per ridurre le NOSTRE emissioni di CO2, più contribuiamo ad alzare i prezzi internazionali delle materie prime energetiche di migliore qualità, come appunto è il gas. Di conseguenza i Paesi più poveri saranno sempre più costretti ad utilizzare le risorse meno costose, cioè il carbone. E lo faranno con tecnologie meno avanzate e con minore attenzione all’ambiente di quanto non si farebbe qui in Italia.
Il risultato è che le emissioni globali aumenteranno insieme all'inquinamento locale in aree già svantaggiate, in maniera molto, ma molto maggiore di quante ne riduciamo in Italia.
L’uso del carbone in Italia, invece, con le migliori tecnologie disponibili e in centrali ad alto rendimento, congiuntamente all'utilizzo di strumenti flessibili quali quelli previsti dal Protocollo di Kyoto, consentirebbe di ridurre sia l'inquinamento locale che le emissioni di gas serra a livello globale».

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