sabato 27 marzo 2010

La convenienza dei reattori coreani e i vincoli burocratici occidentali

L’International Energy Agency (IEA) e la Nuclear Energy Agency (NEA) hanno realizzato uno studio (Projected Costs of Generating Electricity) che mette a confronto il costo del kWh elettrico prodotto da nucleare, carbone, gas ed eolico on-shore, con riferimenti anche al fotovoltaico e alla cattura e sequestro della CO2.  Lettura di grande interesse: nella pagina linkata sopra è contenuto un ampio sommario (in inglese), che però non tratta dell’argomento di questo post. Il rapporto infatti (e quindi la sintesi) è incentrato sul paragone tra le varie tecnologie, mentre a noi, qui, interessa un punto particolare non evidenziato nella sintesi, cioè il confronto del costo del kWh prodotto dai reattori nucleari coreani e quelli EPR francesi.

All’interno del rapporto è infatti evidenziato che l'elettricità prodotta dal reattore coreano APR-1400, scelto recentemente da Abu Dhabi, costa la metà di quella prodotta dall'EPR da 1.600 MW francese: 2,2 – 3,1 eurocent/kWh per il reattore coreano, contro 4,2 – 7,3 eurocent/kWh per quello francese.

Il divario dei costi per ciascuna singola tecnologia è relativo al contesto industriale in cui i reattori vengono realizzati (ad esempio, per ragioni non dovute ad aspetti tecnici, in occidente i tempi di realizzazione vanno da 6 a 10 anni, in Cina da 4 a 5) e, soprattutto, al tasso di sconto vigente. Ma in ogni caso va fatta una prima osservazione generale, cioè il costo incredibilmente basso che in alcune circostanze il nucleare può raggiungere .

Dopo di che c’è da chiedersi perché i reattori coreani siano così vantaggiosi.
La risposta l’hanno data gli esperti dell’IEA e Luis Echavarri, direttore generale della NEA: perché i coreani non si confrontano con i vincoli autorizzativi dei Paesi occidentali e costruiscono in tempi più brevi. Inoltre hanno costi di manutenzione e di gestione più competitivi. Ma soprattutto perché sono gli unici a condurre un ampio programma nucleare con lo stesso reattore, e una cosa è costruire in serie, altro è costruire dei prototipi, come sta facendo la francese Areva.

E poi ci sono gli aspetti legati alla sicurezza. Che è una cosa che costa. Nel caso dell’EPR si è puntato alla sicurezza massima, sia per gli aspetti più strettamente tecnologici, sia per quelli più generali. È l’unico reattore, ad esempio, il cui progetto prevede un edificio di contenimento in grado di resistere all’impatto di un grande aereo di linea.

Siccome uno dei motivi fondamentali per cui l’Italia dovrebbe tornare con urgenza al nucleare è proprio quello economico, non ci stupirebbe se ora ci fosse qualcuno che cominciasse a dire che occorre fermarsi a riflettere, perché forse sarebbe meglio cambiare strategia e rivolgersi ai coreani invece che ai francesi. Ogni scusa è buona per rinviare, fermare, ostacolare. Ma ci andrebbe anche bene: parliamone. Purché sia chiaro di cosa stiamo parlando, visto che proprio il presunto rischio nucleare è il vessillo sventolato per dire no al nucleare.
Sui dati sopra riportati è però indispensabile riflettere, ma in relazione ai vincoli burocratici e amministrativi che legano il nostro sistema Paese. Non dimentichiamo che, agli inizi degli anni ’60, l’Italia è stata in grado di realizzare (dall’inizio dei lavori alla connessione in rete) la centrale nucleare di Latina in 4 anni e 7 mesi; quella del Garigliano in 4 anni e 3 mesi e quella di Trino Vercellese addirittura in 3 anni e 4 mesi. Ed erano prototipi di tre tecnologie diverse. Che peraltro sono state in servizio per decenni senza alcun problema.

1 commento:

  1. Io credo che all'opinione pubblica, nel senso di normale cittadino, la questione costi non tocchi più di tanto.
    La gente ha paura del nucleare non per i costi ma per altro: incidenti, morti, distruzione, apocalisse... :-D
    Se in italia si deve fare informazione per rieducare e riequilibrare la conoscenza che sta dietro al nucleare, per me si dovrebbe puntare sulla questione salute, cioè, il solito specchietto con indicato il contributo al 70% di gas+carbone+petrolio, il 20% alle rinnovabili (di cui l'80% è fatto dall'idroelettrico...), e il 10% in importazione.
    Poi, discutere quel 70% che contributo da alla nazione in termini di salute, incidenti/morti/feriti/ammalati occorsi, quel 20% alla stessa maniera (ricordando il vajont...), e l'ipotesi nucleare alla stessa stregua (citando TMI e ovviamente chernobyl, cosa è successo e cosa aveva di diverso quell'impianto da quelli di oggi).
    Praticamente tessere un'informazione legata alla salute e che si basa su dati ufficiali.
    Insomma, se Veronesi già nell'87 era per il nucleare, e lo è ancora oggi, cavolo, un motivo reale di deve essere!
    Fra l'altro sempre nell'87 c'era Chicco Testa che provava (a quei tempi a differenza di oggi) a metterla sul piano del fotovoltaico, e a distanza di 23 anni oggi abbiamo la possibilità di misurare quanto quella tecnologia abbia contribuito e contribuisca al fabbisogno energetico.
    Per il rientro del nucleare in italia, io spero davvero che a livello politico ci sia la volontà di informare in modo obiettivo, a differenza di quanto è stato fatto dall'87 a oggi, solo così si può sperare che il cittadino medio riesca a farsi un quadro veritiero della situazione.

    RispondiElimina

I commenti sono liberi e non moderati. Verranno solo eliminati quelli eccessivamente volgari o strumentali per fini estranei al blog e ai suoi argomenti.
L'unica preghiera è di firmare i propri commenti, anche solo con il nome.